Piccolo album di ricordi di alcuni artisti che sono passati per Napoli e che ho conosciuto di persona.
Non è il titolo del libro di Gillo Dorfles perché ci ho aggiunto un “io”. E comunque, quello di Dorfles (Gli artisti che ho incontrato) è uno dei libri più affascinanti per come è raccontata l’arte contemporanea. In 108 anni di vita vissuta non poteva non raccontarci uno spaccato immenso di ciò che è avvenuto nel mondo dell’arte attraverso i suoi scritti. Io non sono Dorfles. Ultimamente mi capita di scrivere qualche recensione riguardo qualche fotografo o per loro mostre fotografiche ma ci sono artisti che mi interessano in particolar modo. Sono quelli con i quali condivido la passione dell’immagnifico, del surrealismo, del modo di vedere la realtà in maniera surrealista, impossibile, visionaria: quel che io definisco visionarismo contemporaneo. Forse è un modo di mettere la testa sotto la sabbia per non vedere il becero che mi circonda o forse il desiderio di cercare nuovi punti di vista, nuove possibilità di osservare il mondo per far innescare quel meccanismo possibilistico che potrebbe servire a immaginare alternative di vita o semplicemente per drogarsi di Bellezza anestetizzandosi dalla bruttezza. Uso Instagram cercando determinati hashtag come #digitalart ed altri quattro o cinque. Grazie a questa consultazione ho avuto modo di stimare i lavori di alcuni artisti anche internazionali e con alcuni di loro entrare in contatto. Seguo i loro lavori, chiedo o cerco di capire da solo, qual è il loro modo di lavorare, le loro tecniche, il pensiero che c’è dietro ogni loro opera, il background professionale e umano. Perché c’è sempre da imparare. I mediocri imitano, i geni copiano, disse Picasso. Ma non mi ci trovo tanto d’accordo. Perché non si tratta di essere mediocri e nemmeno geni ma semplicemente condividere una ricerca con persone che hanno da insegnare. Se individuo un traguardo raggiunto da un artista, qualche domanda me la faccio per quel senso di emulazione che ogni individuo curioso e col desiderio di migliorarsi dovrebbe avere. Conoscenza e confronto sono nutrimento. Specie se reciproco. Conversazioni che arricchiscono anche quello che io definisco patrimonio esperienziale. Ma di certe cose ve ne parlerò in un altro post. Volevo solo dirvi che negli ultimi anni ho avuto il piacere, la fortuna e l’onore di conoscere personalmente artisti visionari venuti da fuori Napoli che stimo per ciò che producono. E voglio parlarvene. Quello che c’è da dire innanzi tutto, è che i social hanno aperto le porte al mondo facendo poi instaurare rapporti concreti con chi li utilizza con curiosità. Altra cosa di una bellezza incredibile, è l’usanza di scambiarsi con loro cataloghi, opere, gadget, con dediche o semplicemente firmati. A casa ho un piccolo patrimonio che non sarà di inestimabile valore economico, ma affettivamente per me significa molto di più. Antonio Barrese (Milano) Senza curiosità non avrei mai intercettato Antonio Barrese nel 2008, pochi mesi dopo essermi iscritto a Facebook. Fui affascinato dalle immagini e dal video, che condivise sul suo profilo, dell’Albero di Luce che installò a Milano nel 2009. Una magnifica scultura di Op Art che mi lasciò incantato. Scoprii poi che era un pluripremiato del Compasso d’Oro e mi sentii onorato quando condivise in privato alcuni suoi lavori e progetti come Flowing River. Ebbi finalmente modo di conoscerlo di persona a Nola in occasione di un seminario organizzato da Pino Grimaldi, altro grande personaggio della scena creativa italiana. Franco Gengotti (Milano) È il gigante della fotografia 3D. Di stazza e di conoscenza. In effetti è il massimo esperto di fotografia stereoscopica in Italia. Lo conobbi per un commento che scrisse su un post di Antonio Barrese e che mi incuriosì: “servono foto dell’Albero di Luce anche in 3D?”. E gli chiesi l’add. Ho avuto modo di vederlo a Napoli in due occasioni e per entrambe in compagnia di pizza e birra. Mi aiutò a verificare l’immagine stereoscopica che dovevo realizzare per un mio piccolo gadget in occasione della mostra Impossible Naples, Napoli, riconoscerla per conoscerla nonché la fornitura di 200 occhialini anaglifi per visionare un’immagine in 3D che doveva essere esposta in occasione della mostra di cui sopra. La cosa più divertente di Franco è ascoltare i suoi episodi paradossali vissuti da quando era Art Director alla Young&Rubicam ai suoi incontri con Adriano Celentano e dintorni fino alle sue partecipazioni internazionali in tv in veste di Super Brain. Sergio Olivotti (Finale Ligure) Illustratore, comunicatore, bluesman (con chitarra e armonica), già docente al Politecnico di Milano. Mi colpirono le sue iniziative dei contest di Social Design Poster sull’autismo e la povertà che divulgò su Facebook e che ebbero un gran successo internazionale. Nel 2014 lo coinvolsi nella giuria del Wonderful Naples Prize perché ritenevo opportuna la presenza di un occhio esterno alla città di qualcuno che comunque avesse una sua visione grafica delle cose. L’ho incontrato un altro paio di volte. Nel 2017 mi fece dono di una copia del suo ultimo libro Lo Zoablatore edito da Lavieri e nel maggio di quest’anno in occasione della presentazione del suo suo libro La Seconda Arca e mi resi conto del gran salto di qualità che aveva fatto nel fratempo. Le patamacchine, gli animali umani, un mondo di illustrazioni con uno stile a cavallo tra Riccardo Dalisi e la poesia dei disegni di Peynet. Victor Enrich Tarres (Barcellona) Artista catalano. Lavora con software di rendering. Lessi un articolo sui suoi edifici volanti, piegati su se stessi, esplosi a mo’ di cartoccio di patate fritte di un noto fastfood. Lo cercai su Facebook e lo trovai anche su Instagram e Twitter. Eravamo in contatto sporadico fin quando la scorsa estate mi fece sapere che sarebbe venuto a Napoli. Una sera a p.zza Plebiscito a un baretto sotto il porticato, parlammo anche di politica e della questione catalana. Camminammo parecchio tra centro storico e Riviera di Chiaia e mi diede alcuni suggerimenti per vendere opere. Poi è sparito da tutti i social, gli ho mandato una mail per sapere se era tutto ok e mi ha spiegato che stare sui social è per lui inutilmente impegnativo e che se volevano cercarlo lo trovavano in rete. Googlando parole chiave come urban, digital art, surrealism, compaiono, nella ricerca immagini, le sue nella prima schermata. Stefano Petracci (Civitanova Marche) Insegnante di arte. Stefano è quello che io considererei l’Escher italiano. Disegna a matita, china, pennarelli acquerellati, città dalle prospettive vorticose e sinusoidali inserendo edifici inesistenti tra palazzi, chiese, monumenti realmente esistenti. Borghi impossibili. Pavimentazioni bizantine da capogiro. Bene, l’aprile scorso venne a Napoli ed ebbi modo di abbracciarlo come se avessi voluto vampirizzare la sua arte. Mi donò un disegno originale che riprendeva una delle mie "inesistenze" ma vista a modo suo. Veramente un bellissimo regalo. Stefano è fatto così. Le sue opere non le riproduce, non le fotografa per poi mettere in circolazione le stampe. Realizza gli originali e quelli vende. Un artista è un artista! Lui decide per se stesso. Emily Allchurch (Channel Islands – UK) Nei giorni scorsi è stata a Napoli Emily. La scoprii su Instagram. La contattai per sapere se era interessata a partecipare a un progetto per adesso ancora top secret. Sapete come sono riservati gli inglesi, vero? Ma questo non frenò l’intessere nell'instaurare un rapporto. Emily è quella che io considero la mia sorella maggiore dell’arte e vi lascio immaginare quindi la felicità nell’averla conosciuta di persona. Ricostruisce luoghi dipinti da artisti del passato rendendoli “esistenti”. Concretizzandoli. Quel che poteva essere un capriccio d’artista o un antico progetto urbanistico espresso in un dipinto, lei lo rende reale. Con il Photoshop. Un lavoro immane. Ciclopico. Biblico, sotto il punto di vista dei tempi medi per realizzare una sua opera (7 mesi). Siamo stati al PAN – Palazzo delle Arti Napoli, al MANN, un po' di public relation con addetti ai lavori della città e poi consueto scambio di piccoli doni con dediche. Sono state un paio di giornate deliziose anche grazie alla presenza del suo simpaticissimo compagno che parla bene l’italiano. Brexit, Catalogna, euro, Regno di Napoli, il Re “Franceschiello”, la ruota dell’Annunziata e l’origine del cognome Esposito… non sono state che alcune delle cose di cui abbiamo discorso. Barbara Nati (Roma) Una meteora. Passata per Napoli solo per un paio d’ore in occasione dell’incontro con Emily Allchurch perché avevo chiesto la presenza di qualcuno che parlasse bene l’inglese. E lei lo parla in maniera fluente. Per di più era già amica di Emily perché si erano già incrociate in varie mostre in giro per il mondo. Un concentrato di energia e simpatia. Sembra che quando le parli non ti ascolti ma, invece, ha solo tutti i suoi ricettori attivati per “ascoltare” tutto ciò che accade intorno. Barbara è un’altra surrealista futuribile della Digital Art che ricrea luoghi “ulteriori” tra il presente e il futuro con atmosfere sofisticate e dalla fattura raffinata. Louis Dupré, Pablo Picasso, Paul Klee, Filippo Hackert e tanti altri artisti sono passati per Napoli fermandosi a volte anche a lungo per lavoro. Lo stesso Dupré andava a far visita ai Giacinto Gigante, Mancinelli ecc. Sembra che il surrealismo non sia nato a Parigi ma a Napoli nel 1917 allorquando Picasso venne per incontrare Jean Cocteau per iniziare a lavorare allo spettacolo Parade auto-sospendendo quelle che erano le caratteristiche del Cubismo. Napoli è la città surrealista per antonomasia e non è quindi un caso che sia tra le città più amate da tanti artisti. Connections change the world, le connessioni tra le persone delle più disparate discipline, possono cambiare il mondo. L'evoluzione è determinata dalla crescita che è data dalla condivisione e dal confronto. Spero di rivedere presto questi grandi artisti come attendo di incontrarne tanti altri. Approfondimenti: Antonio Barrese Franco Gengotti Sergio Olivotti Victor Enrich Tarres Stefano Petracci Emily Allchurch Barbara Nati Marco Maraviglia
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