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Le inesistenze di Napoli
realizzate da
Marco Maraviglia con immagini del suo archivio fotografico

IL VISIONARISMO CONTEMPORANEO

12/11/2016

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Foto© Alexey Kondarov
Artisti del passato ci hanno mostrato luoghi inesistenti, a volte credibili, altre volte hanno anticipato, attraverso la loro opera, idee che sono poi state realizzate anche secoli dopo.
Alcuni artisti contemporanei ci propongono nuove visioni suggestive grazie anche all’utilizzo delle tecnologie. Eccone alcuni.

 
Ci sono persone che immaginano oltre il visibile realizzando inesistenze.
Il loro universo mentale supera le convenzionali tre dimensioni percependo una sovrapposizione di immagini in piani che tra loro si riflettono, si incastrano si oppongono in contesti visivi restituendoci una visione onirica che, come per alcuni sogni, ci sembra reale o almeno possibilistica.
 
Immaginazione, creatività, osservazione metafisica e surreale. Una sorta di auto-ipnosi fatta senza droghe e senza alcool. Estraneazione dal contesto reale. Meditazione in zen style, direbbe qualcuno. È un esercizio che tutti possono fare ma non tutti ci provano.
Il reale si sovrappone all’irreale. O il reale si sovrappone ad altri elementi esistenti generando quelle che io definisco “inesistenze”.
Ma se c’è la possibilità di creare inesistenze che possono essere rappresentate in maniera visibile, allora la cosa si fa possibile. Potrebbe. L’impossibile può diventare possibile.
Tutto ciò che si pensa è possibile.
 
“Cogito ergo sum”, penso, dunque sono. Mettere tutto in dubbio, anche la realtà stessa. Affidarsi all’intuizione e perseguirla. Averne il coraggio, almeno.
“Non è vero ma ci credo” (
John Brockman; Ed. il Saggiatore) è un testo che raccoglie le migliori intuizioni di scienziati del mondo che non hanno però gli strumenti per dimostrarle. Come la ricerca scientifica richiede.
Probabilmente il tempo darà ragione ad alcuni di loro.
 
Nel post “capricci d’artista”  parlavo di
Jean-Jacques Lequeu (1757-1825) il cui progetto visionario L’isola del riposo e dell’amore dopo la pesca somiglia non poco all’Hundertwasser Haus (1928-2000).
E poi ancora, La Casa sulla cascata (1935-1939) di 
Frank Lloyd Wright ha una certa affinità con il progetto mai realizzato Casa delle guardie campestri di Ledoux, architetto visionario del preromanticismo.
Gustave Doré illustrò la Divina Commedia senza essere mai stato all’inferno o in paradiso… ma lì in fondo, c’era l’aiutino del testo di Dante, un visionario eccellente.

Nel corso degli anni il fenomeno visionario si ripete nel campo dell’arte, ricordiamo i dipinti metafisici di
Giorgio De Chirico, i “capricci d’artista” di Canaletto, i luoghi impossibili di M. C. Escher, il surrealismo di Magritte o di Dalì.
Probabilmente senza il cubismo di Picasso, lo studio delle figure anamorfiche e delle illusioni ottiche, non avremmo avuto un certo salto in avanti nella storia dell’arte riguardo il concetto di rottura dei punti di vista reali.
I punti di fuga di una prospettiva non sono più uno o due ma si moltiplicano.
 
Il visionarismo contemporaneo non necessariamente deve portare a una prospettiva anticipatrice della realtà futura per essere definito tale. Basta che ne dia una visione alternativa. Semplicemente diversa.
Grazie alle nuove tecnologie digitali come il 3D, il video-mapping, il Photoshop, le tecniche di realtà aumentata ecc., gli artisti hanno maggiori opportunità per realizzare immagini ed installazioni che la pittura o la scultura non consentivano.
 
I nudi della pittura romantica in contesti urbani realizzati dall’artista ucraino
Alexey Kondakov possono essere di ispirazione ai coreografi dei tableau vivant, ma assaporare il contrasto della seduzione di un dipinto di Francesco Hayez inserito in una location normalmente degradata di una città moderna, è un’altra cosa.
Le meteore di
Giorgio Lo Cascio o le sue estreme composizioni extra-metropolitane non istigano affatto alla costruzione di Metropolis affogate da asfalto e cemento armato ma anzi, fanno riflettere su quello che potrebbe essere il rischio di scelte scellerate di urbanizzazione come ad esempio il progetto Aqualta 2060 (una cintura di grattacieli intorno la città di Venezia) di cui Salvatore Settis ne è un fermo oppositore.
 
Philippe Echaroux è un fotografo che ha utilizzato l’idea del mapping proiettando durante la notte le sue foto che ritraggono gli indigeni dell’Amazzonia, sulla vegetazione della foresta creando visioni che contestano il processo di deforestazione.
Raffaele Gentiluomo ha recentemente ricreato con animazioni in 3D alcune opere di Magritte.
I disegni, le foto, i dipinti, le immagini tutte possono vivere una loro seconda vita. Tecnologica, contemporanea. Visionaria. Forse un giorno potremo toccare con mano le ali degli arcangeli delle annunciazioni di Leonardo o di Giotto.
Victor Enrich Tarres unisce Photoshop e vettoriale per realizzare edifici volanti, architetture ripiegate su se stesse e patatine fritte che sbucano dai tetti dei palazzi come se fossero take away giganti o opere mai realizzate di Claes Oldenburg.
Una piccola chicca sono delle immagini di Sandro De Angelis, pubblicitario, che per una campagna pubblicitaria non andata in scena, rappresentano una Roma con il Colosseo su una distesa di verde.
Il visionarismo estremo di
Thomas Barbey ci mostra immagini fotografiche di villaggi lilliputiani, contaminazioni tra paesaggi innevati ed esotici, combinazioni surreali, sinestesie visive in cui spesso la fa da padrona l’illusione ottica dove le proporzioni tra il grande e il piccolo si invertono.
Mondi nuovi. Mondi diversi. Sogni che possiamo vedere grazie alle arti figurative e alle nuove tecnologie.
Chi altro aggiungere?
 
© Marco Maraviglia

Foto
© Victor Enrich
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