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Le inesistenze di Napoli
realizzate da
Marco Maraviglia con immagini del suo archivio fotografico

TEMPO SCADUTO J’accuse

14/3/2018

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FotoTempo scaduto; edizione beta (prova d'artista, non definitiva)

"Tempo scaduto" è il titolo dell'ultima opera di Impossible Naples di Marco Maraviglia che qui ne racconta la simbologia.
​Un j'accuse all'andazzo della gestione generale della vita collettiva.
E lui non si esclude.

 

Attenzione!!!
Questo è un post politico.
Dissenso in atto.
Ivi sono descritti fatti e persone che esistono nella realtà ma di cui non sono citati nomi e cognomi per codarderia dell’autore.
Ma potrete comunque riconoscerli. Perché sono intorno a noi.
Siamo tutti coinvolti e responsabili in quanto rapiti dal senso di omertà e assuefazione alla tolleranza.
Il tempo è scaduto e io accuso!
 
C’è una poltrona di potere occupata da una persona rigida quanto una statua. Nulla può fare perché congelata dalla burocrazia. È come se non ci fosse. Invisibile e, infatti, non c’è nemmeno la sua ombra.
Seduta di sbieco. Pronta ad alzarsi e lasciare il posto ad altro incapace per conquistarne forse un altro più prestigioso. Per continuare a costruire il nulla. Dirigenti che non dirigono. Non solo per burocrazia ma perché fuori luogo ed incapaci a svolgere lo svolgimento.

Quella poltrona non è una soltanto ma cento, cinquecento, oltre mille e non creano intralcio alle lancette dell’orologio mollo perché esse non girano, ferme da anni e chissà quanti giri avrebbero dovuto compiere per rivoltare un mondo sottosopra.
Ma il tempo è scaduto.
E i punti di vista sono troppi per decidere. Troppi a parlare. Troppi a proporre. Troppi a troppiare.
E il troppo, banalmente si sa, stroppia.
Troppo tempo è andato e gli orologi si son fermati perché ribelli all’assenza del susseguirsi dinamico, sequenziale ed armonico delle cose. L’assenza delle sequenze, la mancanza di step o il non rispetto della loro cronologia sfonda, distrugge ogni progetto.

E nel frattempo abbiamo il cielo sotto i nostri piedi e l’immensità del mare che potrebbe travolgerci dall’alto.
Come un tetto che si abbassa in quella casa dell’horror nell’ultimo luna park della vita facendoci rischiare di affogare in assenza di gravità.

Perché anche il centro di gravità è andato perduto. Non è più permanente e qualcuno lo sta cercando. Chi? Ovvio, la parte folle ma sana di un mondo invisibile.
Si alternano le storie. Le città si raccontano attraverso le proprie architetture. Fasciste, borboniche, angioine, metafisiche, futuriste, minimaliste, prefabbricate, morte sul nascere,… chi mette “le mani sulla città” ne definisce il carattere, i tratti somatici con le sue rughe e cicatrici più o meno lievi.
Cattedrali nel deserto, ponti inimmaginabili, varianti, derivate finanziarie, corruzione, evasione fiscale che basterebbe nulla per combatterla, sacche urbane elettorali, zone franche per coltivare illegalità…

Riconosciamoli. Riconosciamo le teste quadrate anzi, a cubo. Libere da condizionamenti se non quelli che servono a migliorare il bene collettivo. Cubumani capaci di ricongiungere il mare e il cielo, di ritrovare le giuste prospettive umane. L’esercito di intermediari, concimatori di benessere, estirpatori del cancro sociale della politicanza, della politica mal fatta.
Riconosciamoli e incoraggiamoli.
 
Tutto in una polaroid. Quella che scatti e tiri fuori aspettando il tempo necessario che il tutto si ricostruisca secondo l’attimo che hai visto.
Vorremmo un’altra polaroid, un’immagine delle polis senza più ricchezze concentrate, senza carceri perché nessuno avrà più bisogno di delinquere, senza buche, senza ritardi dei trasporti, senza schieramenti politici, senza confini, senza distinguere colori, religioni e razze pur riconoscendone le radici culturali…
Una polaroid col mare e il cielo al loro posto.

Tempo scaduto.

​© Marco Maraviglia

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