L’ultima inesistenza dell’Impossible Naples Project si rivela involontariamente un’immagine dai contenuti mistici. Avevo da poco ultimato la versione beta della mia ultima inesistenza di Impossible Naples. Le edizioni beta sono le prime versioni delle immagini che produco ma soggette a modifiche in base ai suggerimenti degli addetti ai lavori o perché io stesso mi accorgo che non sono a punto. In realtà credo che nessuna opera possa essere definitiva. Anche il suo trasloco attraverso il passaggio dall’artista alla galleria e poi in casa del collezionista è una trasformazione. Un viaggio dell’opera che viene ricollocata, ricontestualizzata… Come nasce l'idea Non sapevo ancora quale titolo dargli pur sapendo che l’avevo realizzata ispirandomi alla (ri)nascita. Tutti possono (ri)vedere un'alba. Tutti possono (ri)salire il fondo. Tutti possono (ri)trovare qualcuno che li ama. Nel frattempo mi ero accorto che certi dettagli non quadravano. Era la prima volta che mi accingevo nel ricreare un contesto sottomarino. Da ragazzo mi immergevo in apnea al massimo a tre-quattro metri di profondità per vedere le stelle marine sotto i sassi del fondo dei mari di Sorrento, i coralli, le murene nelle loro tane, nuotare intorno alle meduse per osservare i loro eleganti movimenti, ma non mi ero mai applicato nell’osservare il design dei movimenti dell’acqua, i suoi riverberi, la sua luce. Dalla versione beta a quella definitiva Allora mi rivolsi a Guido Villani, ricercatore del CNR e fotografo subacqueo pluripremiato a livello internazionale, per avere suggerimenti affinché quella foto fosse migliorata. I miei dubbi erano sul pelo dell’acqua. La linea di separazione tra l’aria e il mare. Ma Guido, da anni osservatore del mare, mi fece anche notare che l’effetto di rifrazione andava rinforzato immediatamente sotto la superficie dell’acqua e che in maggiore profondità la luce doveva essere più tenue. Descrizione dell'immagine L’immagine si apre con un’alba sul Vesuvio ripresa dal mare e poi sotto, nella parte immersa, una vista delle Catacombe di San Gennaro con la colonna della chiesa di San Paolo Maggiore a sinistra e una colonna del Campanile della chiesa della Pietrasanta a destra. E poi la ruota degli esposti della chiesa di San Gregorio Armeno, meno nota di quella dell’Annunziata, inserita in una delle nicchie. Non è un’immagine religiosa. Gli elementi sono solo un pretesto per realizzare il concept dell’immagine: (ri)nascita. Per chi non conosce la storia del cognome Esposito Le ruote dei conventi servivano al passaggio degli alimenti, posta e quant’altro per le suore di clausura che non potevano avere contatti con l’esterno. Ma erano tristemente utilizzate per lasciarci neonati di donne che dovevano nascondere la vergogna di una violenza subita o perché non potevano permettersi di farli crescere dignitosamente. Bambini orfani ai quali era data una possibilità. Entravano in orfanatrofi ed “esposti” a coppie più facoltose che avrebbero potuto dar loro affetto, istruzione, salute e una vita migliore. Esposti e da qui il nome Esposito. Una rinascita, in effetti.
Caras, facce! Ma torniamo alla messa a punto dell’immagine… Accolti con grande interesse i suggerimenti tecnici di Guido Villani, mentre stavo rimanipolando l’immagine, mi accorsi che al centro c’era come un volto che m’impressionò non poco. Sembrava il profilo di un Santo, chino, nell’archetto proprio sopra alla ruota. Postai una parte della foto su Facebook chiedendo di verificare se anche altri notavano quell’insolita presenza. Strabiliante!!! Il risultato fu che mi fecero notare la presenza di altri volti che non avevo ancora visto. Ragione e mistero Ora, sia pur vero che mi ritengo una persona influenzata dalla cultura dell’immagnifico, del fantastico, dell’impossibile in quanto cresciuto con libri di Jules Verne, coi fumetti di Batman e Paperinik e poi diventato fan delle opere di M. C. Escher e del surrealismo, mi ritengo molto razionale, lucido (non ho mai assunto droghe) e non credo a miracoli e leggende se non direttamente vissute. Credo al potere sensoriale dei gatti che va oltre la nostra sfera scientifica perché ho riscontri personali. Credo alle energie che possono far piegare ad angolo retto chiavi di ferro semplicemente tenendole in mano. Perché l’ho visto. Ma fondamentalmente cerco sempre di vedere le cose razionalmente. Fatto sta che è la prima volta che mi capita di vedere, durante la manipolazione di un’immagine, un fatto del genere. Non sono ferrato sulla storia di San Gennaro. Non credo molto allo scioglimento del sangue. Però credo che non sia un caso che proprio utilizzando per questa composizione una foto delle Catacombe di San Gennaro, siano comparse in modo anomalo queste facce. Le leggende intorno a San Gennaro, patrono di Napoli, mi sembra che non siano poche. Trattasi in questo caso di banale pareidolia? Lascio agli studiosi del mistico eventuali supposizioni. Il concept L’immagine è stata realizzata sul concept della rinascita. È, sì, dedicata agli Esposito ma anche a tutti quei bambini che vivono in situazioni disagiate e che trovano persone o associazioni che si occupano di loro sollecitandoli a stimolare interessi da sviluppare per affrontare la vita nel migliore dei modi. È dedicata a tutti quelli che hanno attraversato o stanno attraversando grossi problemi di salute e a quegli imprenditori che non vedono la luce fuori del tunnel meditando la chiusura della propria azienda. A chi un lavoro non ce l’ha e deve trovare la forza di cercarlo o inventarselo. Perché dal fondo si può sempre rinascere. Intanto il titolo l’ho trovato: caras, facce in spagnolo. Perché il tutto avvenne nel ‘600. © Marco Maraviglia Sotto la galleria con lo schema dei volti individuati e relativi dettagli. Si ringraziano Vincenza Rotondo, Renata D'Eliseo, Maddalena Venuso, Gabriella Rinaldi, Antonella Pane, Maria Grazia Cutillo e Valeria De Marchi per i contributi sull'analisi dell'immagine.
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