Tra le varie leggende che si raccontano di Partenope, questa che sto per scrivere, nessuno l’ha mai raccontata. Perché tutti a inseguire il politically correct. Molti gli ipocriti. Tanti a nascondere le verità. I censori sono sempre esistiti. Ed io oggi ho deciso di rompere questo muro di omertà. È una trans-storia. Di una storia d’amore. Un amore impossibile. Struggente. Dai risvolti sconvolgenti che ci hanno condotto fino ad oggi a vivere in una città “impossible”, Napoli. Ed è la storia che mi ha fatto immaginare e creare l'ultima inesistenza che ho realizzato per il mio progetto Impossible Naples. Eccola qui e sappiate che non c’è bisogno del “cappottino rosso e della cartella bella per venir con me… basta un po’ di fantasia e di bontà”. Ulisse durante la sua navigazione nel Mediterraneo visse effettivamente un’Odissea. Una storia che non era altro un naufragio interiore più che di mare. Nel suo rientro verso casa, Ulisse dovette lottare contro insidie morali. Aveva un accentuato complesso di Edipo, il suo grande amore per la madre Penelope. Era un mammone inconsapevole. In realtà si sarebbe potuto fermare in qualsiasi approdo durante il suo lungo viaggio e godersi la vita da ventenne con donne, vino e nuotate in mare. Quando incontrò Polifemo, questo non era altro che un omaccione brullo e brillo ma buono. Visto da Ulisse e i suoi marinai come una bestia senza cuore. L’abito non fa il monaco, in fondo. Bene, Polifemo si era innamorato di tutti loro e li rinchiuse in una caverna pensando di essere diventato fortunatamente poligamo in un sol colpo. Ulisse approfittò della debolezza dell’uomo. In realtà la storia dell’unico occhio ciclopico di Polifemo non era altro che la metafora del suo ano. Lo ubriacarono e lo sodomizzarono violentemente con un palo, fino a fargli perdere i sensi, per scappare. Ma questo è solo uno degli episodi. Tralasciamo tutte le volte che poteva cadere nell'infedeltà da Penelope e passiamo direttamente alla storia delle sirene… Ulisse stava approdando in costiera amalfitana. Cercava dove ripararsi tra insenature e grotte. Perché il mare era forza 12. Le onde superavano quasi l’altezza delle vele. Gettò l’ancora in una conca e lì, col mare calmo, un gruppo di omosessuali facevano il bagno cantando come farenelli ammalianti dolci armonie e invitando Ulisse a tuffarsi con loro. Gli uccelli che cantavano era in realtà la metafora dei membri fallici di questi bagnanti da cui Ulisse era attratto per soddisfare il suo lungo periodo di astinenza maturato durante il viaggio. Ma Ulisse, in quanto mammone, voleva dimostrare a se stesso la sua eterosessualità. Per riuscirci si fece legare a un albero della nave per resistere a loro ordinando ai compagni di salpare nuovamente verso il largo. Ma in quel gruppo c’era chi desiderava più di tutti il valoroso condottiero. E seguì la nave fino a quando le sue gambe si trasformarono in una coda di pesce per nuotare meglio sotto lo scafo. Ma Ulisse si negava. E allora l’uomo metà pesce espresse un desiderio fortissimo dettato dall’amore, quello di diventare donna affinché Ulisse potesse accoglierla sulla nave. Ma ormai, nel frangente, la nave non era altro che un puntino all’orizzonte, e l’incantesimo dell’uomo-pesce che volle diventare donna si interruppe. Restò metà donna e metà pesce: una sirena. Un uomo, un gay, un transessuale marino che nuotò lungo tutto il Golfo di Napoli fino a raggiungere l’isolotto di Megaride e lì adagiarsi. Stremata. E morì. Era Partenope. La sirena Partenope. Metà donna, bellissima, seno tornito, ventre piatto e spalle fibrose. Senza sesso. Una lunga coda di pesce azzurra con riflessi dorati. Una contraddizione di Mater Natura. Alla morte di Partenope tutte le sue energie racchiuse in quel corpo che si seccò sotto i raggi del sole, non andarono in Paradiso o all’Inferno. E nemmeno in Purgatorio. Restarono in terra e si propagarono su tutto il suolo di quella che è oggi Napoli. Essenze spirituali dell’anima di Partenope che hanno definito i caratteri di questa città con tutte le sue contraddizioni, leggende, detti, usi e costumi. Povertà e ricchezza. Quartieri gioiello e zone disagiate. Come Filumena Marturano pianse per la gioia, così è Napoli: lacrime e sorrisi. Rabbia e bontà. Chi ci vive la ama e la odia. La ama per la stazione d’arte più bella d’Europa, la odia perché la metro passa in ritardo. La ama per i grandi tesori e luoghi dell’arte che contiene, la odia perché non tutti sono sempre accessibili. E così via... Napoli nasce da un amore senza confini. In essa vi è quell’amore che artisti, scrittori, filosofi, viaggiatori di ogni dove hanno colto e tramandato. Cavour e Garibaldi vollero possederla fregandosene che l’amore e le cose belle vanno rispettate nel loro contesto. Il Regno di Napoli finì. Palazzo Fuga (l’ex Albergo dei Poveri) chiuse i battenti. I castelli furono abbandonati al loro destino per tanti anni. Castel dell’Ovo volevano addirittura abbatterlo negli anni ’70. E oggi, sotto il suo tufo color oro, gli scugnizzi si tuffano a poca distanza dal porto con i giganti del mare che la inquinano ma tra le energie propagate dalla morte di Partenope. Paradossi dell’amore. L’Amore È un paradosso. La testa di Partenope, detta 'a capa 'e Napule, rimase indenne, fu ritrovata ed oggi è esposta su un ballatoio dello scalone di Palazzo San Giacomo. Il simbolo per antonomasia di Napoli. Che ci ricordi una storia ricca di suggestioni e di un amore infranto. Che l’amore prevalga sull’odio. Salviamo Partenope. © Marco Maraviglia
2 Comments
Giovanni
6/7/2018 02:54:39 pm
Complimenti.....un senso compiuto dei sentimenti!
Reply
Marco Maraviglia
7/7/2018 08:24:42 am
Grazie Giovanni. Mi fa piacere che ti sia piaciuta.
Reply
Leave a Reply. |
Il blog diImpossible Naples Archivio
Giugno 2024
|