Un’opera che è un piccolo omaggio alla libertà sotto i suoi svariati aspetti. Terza ed ultima inesistenza del 2017 realizzata da Marco Maraviglia per il suo Impossible Naples Project. Le porte dell’ex OPG di Napoli che si aprono, si librano nell’aria, senza muri intorno, sfuggenti sulla fortezza di Castel dell’Ovo e oltre una scala austera, autoritaria. Sopra la libertà. Sotto la fatica. Una solita metafora: la strada faticosa porta ad assaporare con più attenzione il risultato dei propri sforzi. Come salire faticosamente una vetta che poi ci farà sentire liberi grazie allo sguardo sconfinato che ci apparirà innanzi; sentendoci quasi padroni del mondo. I confini sono invenzione umana. Una volta gli uomini si spostavano da un territorio all’altro alla ricerca di cibo. Non avevano ancora imparato le tecniche agricole, non coltivavano, non allevavano bestiame. Consumavano e basta. Era una forma di parassitismo che avrebbe portato effetti devastanti sul pianeta se fossimo arrivati a megamiliardi di abitanti incapaci di produrre ricchezza commestibile. Poi qualcuno imparò a riprodurre cibo oltre che mangiarlo. Nascevano nuove formule del lavoro e con esse, giustamente o meno, la proprietà privata su ciò che si costruiva, ciò che si realizzava. E per evitare i furti si recintava la fattoria, le galline nei pollai, le cantine con botti di vino si chiudevano con catenacci… Chi produceva di più poteva dare ad altri. Dapprima fu il baratto, poi l’oro, poi la moneta. Erano elementi di scambio per ottenere uova, carne, frutta, verdure… Poi arrivò la sharing-economy. Le comuni. I kibbutz. Comunità in cui tutti cooperano per far vivere il villaggio. Senza circolazione di moneta. La condivisione di spazio-lavoro-prodotto-tempo si sviluppava. Io ho questo, io faccio questo, è tuo poi troverai il modo per ricambiare il favore. Se potrai. Forse è questa la giusta dimensione umana? Lavorare per produrre disinteressatamente anche per la collettività che contribuisce alla tua sussistenza? Possiamo fare a meno del denaro? Possiamo fare a meno dei confini? Confini… Geografici e mentali. Civiltà e culture possono convivere vivendo di condivisione? Esistono limiti per una convivenza pacifica? Le diversità culturali e loro contaminazioni, creano o non creano evoluzione? È vero o non è vero che i nobili che si accoppiavano tra parenti erano soggetti a malformazioni e gravi malattie? Qualcuno, da qualche parte, trascrisse dieci semplici leggi. Qualcuno si è appropriato della paternità di quelle regole. Dieci “comandamenti” che potrebbero essere la risoluzione definitiva della convivenza umana in barba a codici civili e penali zeppi di migliaia di leggi, articoli e commi e facendo a meno di avvocati e magistrati, tribunali e cancellerie. Dieci regole di buon senso. Pensaci: gran parte del malessere dell’umanità è generato dall’inosservanza di quelle dieci semplici regolette. E credimi, non sono un cattolico praticante. E invece vengono infrante. Ma perché è il divieto che genera trasgressione? Perché è vietata la mela? Per essere mangiata da Adamo. Creare il peccato per creare la punizione? E a che pro? Ma se tutto fosse consentito le punizioni non sarebbero create ma semplicemente esistenti. Accesso libero. Puoi entrare. Ma cerca di capire prima se devi toglierti le scarpe o se non puoi stare in bermuda. Accesso libero. Nessuna password perché un mondo sano non ha bisogno di segreti e bugie. Accesso libero. Puoi attingere ma se abusi qualcuno come minimo ti rimprovererà. Accesso libero. La mente non ha follìa ma semplicemente diversa. Accesso libero. Perché la terra non ci appartiene. Il mondo non è nostro. Anzi, è di tutti. Accesso libero. Perché spazi inutilizzati devono rigenerarsi. Perché la condivisione della conoscenza favorisce il benessere collettivo. Accesso libero alle informazioni è trasparenza e lealtà. Accesso libero è accoglienza e solidarietà. Portoni e cancelli si scioglieranno, i confini spariranno. In fondo, lo spazio è in continua espansione.
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