Mi sto infilando in quella che sarà probabilmente la mia ultima composizione...
Al momento è un file di 1,70GB che sto ancora imbastendo. No, non sarà una versione di Metropolis di Paul Citroen ma qualcosa di diverso. Sto uscendo fuori dal tunnel della fotografia. Ho iniziato una sorta di disintossicazione dalla fotografia. Sarà almeno un anno che non vado più in giro con la reflex per incrementare il mio archivio. Uso solo il telefonino per fissare i miei ricordi, ciò che mi piace, appunti visivi per riflettere... A volte mi chiedono "e la macchina?" ed io rispondo: "la uso solo quando mi pagano". Troppe fotografie. Troppe ridondanti. Inutili. Troppe strumentalizzate o usate fuori luogo. Troppe pubblicate senza giusto compenso. Troppe rubate. Troppe senza credit... A parte quella che documenta qualche fatto storico (matrimoni compresi) e i cambiamenti urbani e geologici da tramandare ai posteri, tutto il resto, per me, è stato già fatto. Tutto il resto è noia. Trascorro ore ad osservare invece il nuovo surrealismo, Digital Art, ciò che io chiamo "Visionarismo Contemporaneo". Perché mi interessano nuove visioni. Mondi nuovi. Mondi diversi. Non è una fuga dalla realtà ma una ricerca, un esercizio mentale per scoprire nuove possibilità di immaginare il mondo. Io ci ho provato. Ci provo ancora a contribuire con le mie "inesistenze". Una roba i cui file saranno distrutti per mio mandato dai miei familiari. Tra cento anni, spero. Perché non sopporto le "musealizzazioni" e le speculazioni post-mortem alla Van Gogh, Ligabue e simili. Io e il requiem della fotografia. PS: comprate le mie foto e contribuirete a un mondo migliore :D
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Alcune opere di Impossible Naples Project contengono messaggi “outsider”, non allineati. A volte sono appelli all’umanità, alle istituzioni, alla politica… altre volte semplici considerazioni sui nostri tempi. Un’opera solo bella da vedere non sempre è “completa” perché se recondita di elementi simbolici ne assume un suo valore pieno. Nel Rinascimento gli artisti erano soliti attaccare il Potere con dipinti che contenevano messaggi massonici, anti-cattolici, di cui a volte ci sono voluti cinquecento anni per svelarne la loro segretezza. L’apoteosi di questo fenomeno è la Cappella Sistina in cui Michelangelo rappresentò il Vecchio Testamento con riferimenti che si rifacevano alla dottrina ebraica (I segreti della Sistina, il messaggio proibito di Michelangelo; Roy Doliner e Benjamin Blech, BUR). La cosa è andata avanti nei secoli successivi. Dalle enigmatiche opere di Marcel Duchamp (Grande Vetro) alla scultura del dito medio di Maurizio Cattelan, posta di fronte alla Borsa di Milano, il mistero della Gioconda di Leonardo, le “trombe” di Kapoor, l’antiamericanismo consumistico delle opere di Andy Warhol ecc. ecc. Spesso molti artisti non realizzano le loro “creature” badando solo al contenuto estetico-stilistico e virtuosistico, ma queste possono essere frutto di metabolizzazione delle problematiche sociali, ambientali, economiche, politiche e quant’altro. Di seguito una carrellata di alcune delle ultime “inesistenze” di Impossible Naples Project di Marco Maraviglia con i link agli approfondimenti delle sinossi. ACCESSO LIBERO I confini sono un’invenzione umana. Le porte che si librano e si flettono si allontanano e il pensiero si apre. Le migrazioni hanno fatto l’America e l’Australia. Losanna (CH) ha la più alta densità di famiglie multietniche ed è una cittadina fiorente. Il Rinascimento è nato anche grazie a Lorenzo de’ Medici che fece entrare a Firenze gli ebrei connettendo culture e religioni diverse. L’accesso libero rigenera, evolve, le diversità connesse liberamente generano un mondo migliore. Approfondimento CRIPTA Nasce allorquando non si conosceva nei dettagli quello che sarebbe stato il restauro della corolla della Casa Armonica della Villa Comunale di Napoli. La cupola della Galleria Umberto è riprodotta a mo’ di due coperchi che idealmente dovrebbero contenere tutti quei Beni della città oggetto di scempio. Idealmente quei due coperchi si avvitano su se stessi, le braccia che li sostengono (le scale dell’Accademia di BB AA) si ritraggono e il tutto si chiude in una scatola di piperno per proteggere. Approfondimento UNDERGROUND I sotterranei di Napoli sono il ventre materno della città. Protettivo. Sicuro. Antichi rifugi della guerra in cui si consumava disperazione per i bombardamenti ma anche sprazzi di allegria e amore. Il tufo di Napoli sotterraneo è come l’utero materno. Underground porta bene! Approfondimento IL TUFFATORE Napoli, città di mare, dovrebbe essere la capitale del Mediterraneo. Ma molti bambini non sanno nuotare. Chi ha un gommone spende troppo per ormeggiare nei vari circoli nautici o negli attracchi da diporto. Napoli è destinata ad impennare il proprio business diportistico ma la percentuale di possessori di patente nautica è stranamente bassa. Un trampolino surreale da cui si tuffa uno scugnizzo nella notte, quasi a voler rubare un momento di felicità dal proprio mare. Approfondimento TEMPO SCADUTO. J'ACCUSE Il mondo non ha politica nella sua accezione migliore del termine. È tutto un divenire di interessi, scambi e tarantelle di poltrone occupate da incapaci, rigidi come statue, sedute a metà su una sedia perché pronti a conquistarsi poltrone di livelli più alti. Il tempo si è fermato perché null’altro avviene e le città sono allo sfascio. Il cielo in alto e il mare sotto. Possiamo solo contare sui “cubumani”, i cervelli che anche nel loro piccolo possono rivoltare lo stato delle cose. Approfondimento CARAS IL MISTERO DEI VOLTI SUBACQUEI Dedicata agli orfani napoletani del ‘600. Un’immagine che voleva semplicemente ricordare l’abbandono dei bambini da parte dello loro madri nelle ruote dei conventi di clausura, ridandogli vita (le bolle subacquee che lasciano intendere una forma di vita), diventa un riscatto per questi bambini che “sembrano volerti ringraziare”, a detta di un’amica che vide l’immagine. Perché in Caras (facce in spagnolo), involontariamente, sono stati avvistati volti umani, antropomorfi che hanno affascinato chi è propenso alla pareidolia (la capacità di riconoscere volti negli oggetti). E si sono scoperti fatti inquietanti che accaddero nella chiesa dell’Annunziata… Approfondimento SAVE PARTHENOPE Salviamo Partenope. Salviamo Napoli. Napoli nasce da un amore senza confini. Un’ennesima leggenda che ho immaginato sulla nascita della sirena Partenope, simbolo della città. Un uccello che in realtà diventa un trans con la coda di pesce. Senza sesso. Apoteosi delle contraddizioni di una città che andrebbe salvata dalle sue contraddizioni più negative. Che l’amore prevalga sull’odio. Approfondimento DA NESSUNA PARTE Nessuna prospettiva. Nessun punto di vista. Deformazione del visibile. La nostra mente è limitata da regole, canoni, misure e il nostro dovere umano è quello di cercare di andare oltre il pensiero convenzionale. Se non deformiamo ciò che pensiamo, ciò che osserviamo, non creiamo evoluzione. Uno spunto per osservare oltre la propria immaginazione. Approfondimento SUD Un leone in basso a sinistra cerca di vegliare su ciò che resta di una grande Napoli. Con la fine del Regno di Napoli alla città fu derubata tutta la sua ricchezza economica, culturale, industriale e l’eccidio di Pietrarsa non fu che una delle apoteosi. La città si flette, si contorce, ma non si piega. SUD è uno dei punti cardinali scritti nella pavimentazione della Galleria Umberto di Napoli. Approfondimento Piccolo album di ricordi di alcuni artisti che sono passati per Napoli e che ho conosciuto di persona.
Non è il titolo del libro di Gillo Dorfles perché ci ho aggiunto un “io”. E comunque, quello di Dorfles (Gli artisti che ho incontrato) è uno dei libri più affascinanti per come è raccontata l’arte contemporanea. In 108 anni di vita vissuta non poteva non raccontarci uno spaccato immenso di ciò che è avvenuto nel mondo dell’arte attraverso i suoi scritti. Io non sono Dorfles. Ultimamente mi capita di scrivere qualche recensione riguardo qualche fotografo o per loro mostre fotografiche ma ci sono artisti che mi interessano in particolar modo. Sono quelli con i quali condivido la passione dell’immagnifico, del surrealismo, del modo di vedere la realtà in maniera surrealista, impossibile, visionaria: quel che io definisco visionarismo contemporaneo. Forse è un modo di mettere la testa sotto la sabbia per non vedere il becero che mi circonda o forse il desiderio di cercare nuovi punti di vista, nuove possibilità di osservare il mondo per far innescare quel meccanismo possibilistico che potrebbe servire a immaginare alternative di vita o semplicemente per drogarsi di Bellezza anestetizzandosi dalla bruttezza. Uso Instagram cercando determinati hashtag come #digitalart ed altri quattro o cinque. Grazie a questa consultazione ho avuto modo di stimare i lavori di alcuni artisti anche internazionali e con alcuni di loro entrare in contatto. Seguo i loro lavori, chiedo o cerco di capire da solo, qual è il loro modo di lavorare, le loro tecniche, il pensiero che c’è dietro ogni loro opera, il background professionale e umano. Perché c’è sempre da imparare. I mediocri imitano, i geni copiano, disse Picasso. Ma non mi ci trovo tanto d’accordo. Perché non si tratta di essere mediocri e nemmeno geni ma semplicemente condividere una ricerca con persone che hanno da insegnare. Se individuo un traguardo raggiunto da un artista, qualche domanda me la faccio per quel senso di emulazione che ogni individuo curioso e col desiderio di migliorarsi dovrebbe avere. Conoscenza e confronto sono nutrimento. Specie se reciproco. Conversazioni che arricchiscono anche quello che io definisco patrimonio esperienziale. Ma di certe cose ve ne parlerò in un altro post. Volevo solo dirvi che negli ultimi anni ho avuto il piacere, la fortuna e l’onore di conoscere personalmente artisti visionari venuti da fuori Napoli che stimo per ciò che producono. E voglio parlarvene. Quello che c’è da dire innanzi tutto, è che i social hanno aperto le porte al mondo facendo poi instaurare rapporti concreti con chi li utilizza con curiosità. Altra cosa di una bellezza incredibile, è l’usanza di scambiarsi con loro cataloghi, opere, gadget, con dediche o semplicemente firmati. A casa ho un piccolo patrimonio che non sarà di inestimabile valore economico, ma affettivamente per me significa molto di più. Antonio Barrese (Milano) Senza curiosità non avrei mai intercettato Antonio Barrese nel 2008, pochi mesi dopo essermi iscritto a Facebook. Fui affascinato dalle immagini e dal video, che condivise sul suo profilo, dell’Albero di Luce che installò a Milano nel 2009. Una magnifica scultura di Op Art che mi lasciò incantato. Scoprii poi che era un pluripremiato del Compasso d’Oro e mi sentii onorato quando condivise in privato alcuni suoi lavori e progetti come Flowing River. Ebbi finalmente modo di conoscerlo di persona a Nola in occasione di un seminario organizzato da Pino Grimaldi, altro grande personaggio della scena creativa italiana. Franco Gengotti (Milano) È il gigante della fotografia 3D. Di stazza e di conoscenza. In effetti è il massimo esperto di fotografia stereoscopica in Italia. Lo conobbi per un commento che scrisse su un post di Antonio Barrese e che mi incuriosì: “servono foto dell’Albero di Luce anche in 3D?”. E gli chiesi l’add. Ho avuto modo di vederlo a Napoli in due occasioni e per entrambe in compagnia di pizza e birra. Mi aiutò a verificare l’immagine stereoscopica che dovevo realizzare per un mio piccolo gadget in occasione della mostra Impossible Naples, Napoli, riconoscerla per conoscerla nonché la fornitura di 200 occhialini anaglifi per visionare un’immagine in 3D che doveva essere esposta in occasione della mostra di cui sopra. La cosa più divertente di Franco è ascoltare i suoi episodi paradossali vissuti da quando era Art Director alla Young&Rubicam ai suoi incontri con Adriano Celentano e dintorni fino alle sue partecipazioni internazionali in tv in veste di Super Brain. Sergio Olivotti (Finale Ligure) Illustratore, comunicatore, bluesman (con chitarra e armonica), già docente al Politecnico di Milano. Mi colpirono le sue iniziative dei contest di Social Design Poster sull’autismo e la povertà che divulgò su Facebook e che ebbero un gran successo internazionale. Nel 2014 lo coinvolsi nella giuria del Wonderful Naples Prize perché ritenevo opportuna la presenza di un occhio esterno alla città di qualcuno che comunque avesse una sua visione grafica delle cose. L’ho incontrato un altro paio di volte. Nel 2017 mi fece dono di una copia del suo ultimo libro Lo Zoablatore edito da Lavieri e nel maggio di quest’anno in occasione della presentazione del suo suo libro La Seconda Arca e mi resi conto del gran salto di qualità che aveva fatto nel fratempo. Le patamacchine, gli animali umani, un mondo di illustrazioni con uno stile a cavallo tra Riccardo Dalisi e la poesia dei disegni di Peynet. Victor Enrich Tarres (Barcellona) Artista catalano. Lavora con software di rendering. Lessi un articolo sui suoi edifici volanti, piegati su se stessi, esplosi a mo’ di cartoccio di patate fritte di un noto fastfood. Lo cercai su Facebook e lo trovai anche su Instagram e Twitter. Eravamo in contatto sporadico fin quando la scorsa estate mi fece sapere che sarebbe venuto a Napoli. Una sera a p.zza Plebiscito a un baretto sotto il porticato, parlammo anche di politica e della questione catalana. Camminammo parecchio tra centro storico e Riviera di Chiaia e mi diede alcuni suggerimenti per vendere opere. Poi è sparito da tutti i social, gli ho mandato una mail per sapere se era tutto ok e mi ha spiegato che stare sui social è per lui inutilmente impegnativo e che se volevano cercarlo lo trovavano in rete. Googlando parole chiave come urban, digital art, surrealism, compaiono, nella ricerca immagini, le sue nella prima schermata. Stefano Petracci (Civitanova Marche) Insegnante di arte. Stefano è quello che io considererei l’Escher italiano. Disegna a matita, china, pennarelli acquerellati, città dalle prospettive vorticose e sinusoidali inserendo edifici inesistenti tra palazzi, chiese, monumenti realmente esistenti. Borghi impossibili. Pavimentazioni bizantine da capogiro. Bene, l’aprile scorso venne a Napoli ed ebbi modo di abbracciarlo come se avessi voluto vampirizzare la sua arte. Mi donò un disegno originale che riprendeva una delle mie "inesistenze" ma vista a modo suo. Veramente un bellissimo regalo. Stefano è fatto così. Le sue opere non le riproduce, non le fotografa per poi mettere in circolazione le stampe. Realizza gli originali e quelli vende. Un artista è un artista! Lui decide per se stesso. Emily Allchurch (Channel Islands – UK) Nei giorni scorsi è stata a Napoli Emily. La scoprii su Instagram. La contattai per sapere se era interessata a partecipare a un progetto per adesso ancora top secret. Sapete come sono riservati gli inglesi, vero? Ma questo non frenò l’intessere nell'instaurare un rapporto. Emily è quella che io considero la mia sorella maggiore dell’arte e vi lascio immaginare quindi la felicità nell’averla conosciuta di persona. Ricostruisce luoghi dipinti da artisti del passato rendendoli “esistenti”. Concretizzandoli. Quel che poteva essere un capriccio d’artista o un antico progetto urbanistico espresso in un dipinto, lei lo rende reale. Con il Photoshop. Un lavoro immane. Ciclopico. Biblico, sotto il punto di vista dei tempi medi per realizzare una sua opera (7 mesi). Siamo stati al PAN – Palazzo delle Arti Napoli, al MANN, un po' di public relation con addetti ai lavori della città e poi consueto scambio di piccoli doni con dediche. Sono state un paio di giornate deliziose anche grazie alla presenza del suo simpaticissimo compagno che parla bene l’italiano. Brexit, Catalogna, euro, Regno di Napoli, il Re “Franceschiello”, la ruota dell’Annunziata e l’origine del cognome Esposito… non sono state che alcune delle cose di cui abbiamo discorso. Barbara Nati (Roma) Una meteora. Passata per Napoli solo per un paio d’ore in occasione dell’incontro con Emily Allchurch perché avevo chiesto la presenza di qualcuno che parlasse bene l’inglese. E lei lo parla in maniera fluente. Per di più era già amica di Emily perché si erano già incrociate in varie mostre in giro per il mondo. Un concentrato di energia e simpatia. Sembra che quando le parli non ti ascolti ma, invece, ha solo tutti i suoi ricettori attivati per “ascoltare” tutto ciò che accade intorno. Barbara è un’altra surrealista futuribile della Digital Art che ricrea luoghi “ulteriori” tra il presente e il futuro con atmosfere sofisticate e dalla fattura raffinata. Louis Dupré, Pablo Picasso, Paul Klee, Filippo Hackert e tanti altri artisti sono passati per Napoli fermandosi a volte anche a lungo per lavoro. Lo stesso Dupré andava a far visita ai Giacinto Gigante, Mancinelli ecc. Sembra che il surrealismo non sia nato a Parigi ma a Napoli nel 1917 allorquando Picasso venne per incontrare Jean Cocteau per iniziare a lavorare allo spettacolo Parade auto-sospendendo quelle che erano le caratteristiche del Cubismo. Napoli è la città surrealista per antonomasia e non è quindi un caso che sia tra le città più amate da tanti artisti. Connections change the world, le connessioni tra le persone delle più disparate discipline, possono cambiare il mondo. L'evoluzione è determinata dalla crescita che è data dalla condivisione e dal confronto. Spero di rivedere presto questi grandi artisti come attendo di incontrarne tanti altri. Approfondimenti: Antonio Barrese Franco Gengotti Sergio Olivotti Victor Enrich Tarres Stefano Petracci Emily Allchurch Barbara Nati Marco Maraviglia Tra le varie leggende che si raccontano di Partenope, questa che sto per scrivere, nessuno l’ha mai raccontata. Perché tutti a inseguire il politically correct. Molti gli ipocriti. Tanti a nascondere le verità. I censori sono sempre esistiti. Ed io oggi ho deciso di rompere questo muro di omertà. È una trans-storia. Di una storia d’amore. Un amore impossibile. Struggente. Dai risvolti sconvolgenti che ci hanno condotto fino ad oggi a vivere in una città “impossible”, Napoli. Ed è la storia che mi ha fatto immaginare e creare l'ultima inesistenza che ho realizzato per il mio progetto Impossible Naples. Eccola qui e sappiate che non c’è bisogno del “cappottino rosso e della cartella bella per venir con me… basta un po’ di fantasia e di bontà”. Ulisse durante la sua navigazione nel Mediterraneo visse effettivamente un’Odissea. Una storia che non era altro un naufragio interiore più che di mare. Nel suo rientro verso casa, Ulisse dovette lottare contro insidie morali. Aveva un accentuato complesso di Edipo, il suo grande amore per la madre Penelope. Era un mammone inconsapevole. In realtà si sarebbe potuto fermare in qualsiasi approdo durante il suo lungo viaggio e godersi la vita da ventenne con donne, vino e nuotate in mare. Quando incontrò Polifemo, questo non era altro che un omaccione brullo e brillo ma buono. Visto da Ulisse e i suoi marinai come una bestia senza cuore. L’abito non fa il monaco, in fondo. Bene, Polifemo si era innamorato di tutti loro e li rinchiuse in una caverna pensando di essere diventato fortunatamente poligamo in un sol colpo. Ulisse approfittò della debolezza dell’uomo. In realtà la storia dell’unico occhio ciclopico di Polifemo non era altro che la metafora del suo ano. Lo ubriacarono e lo sodomizzarono violentemente con un palo, fino a fargli perdere i sensi, per scappare. Ma questo è solo uno degli episodi. Tralasciamo tutte le volte che poteva cadere nell'infedeltà da Penelope e passiamo direttamente alla storia delle sirene… Ulisse stava approdando in costiera amalfitana. Cercava dove ripararsi tra insenature e grotte. Perché il mare era forza 12. Le onde superavano quasi l’altezza delle vele. Gettò l’ancora in una conca e lì, col mare calmo, un gruppo di omosessuali facevano il bagno cantando come farenelli ammalianti dolci armonie e invitando Ulisse a tuffarsi con loro. Gli uccelli che cantavano era in realtà la metafora dei membri fallici di questi bagnanti da cui Ulisse era attratto per soddisfare il suo lungo periodo di astinenza maturato durante il viaggio. Ma Ulisse, in quanto mammone, voleva dimostrare a se stesso la sua eterosessualità. Per riuscirci si fece legare a un albero della nave per resistere a loro ordinando ai compagni di salpare nuovamente verso il largo. Ma in quel gruppo c’era chi desiderava più di tutti il valoroso condottiero. E seguì la nave fino a quando le sue gambe si trasformarono in una coda di pesce per nuotare meglio sotto lo scafo. Ma Ulisse si negava. E allora l’uomo metà pesce espresse un desiderio fortissimo dettato dall’amore, quello di diventare donna affinché Ulisse potesse accoglierla sulla nave. Ma ormai, nel frangente, la nave non era altro che un puntino all’orizzonte, e l’incantesimo dell’uomo-pesce che volle diventare donna si interruppe. Restò metà donna e metà pesce: una sirena. Un uomo, un gay, un transessuale marino che nuotò lungo tutto il Golfo di Napoli fino a raggiungere l’isolotto di Megaride e lì adagiarsi. Stremata. E morì. Era Partenope. La sirena Partenope. Metà donna, bellissima, seno tornito, ventre piatto e spalle fibrose. Senza sesso. Una lunga coda di pesce azzurra con riflessi dorati. Una contraddizione di Mater Natura. Alla morte di Partenope tutte le sue energie racchiuse in quel corpo che si seccò sotto i raggi del sole, non andarono in Paradiso o all’Inferno. E nemmeno in Purgatorio. Restarono in terra e si propagarono su tutto il suolo di quella che è oggi Napoli. Essenze spirituali dell’anima di Partenope che hanno definito i caratteri di questa città con tutte le sue contraddizioni, leggende, detti, usi e costumi. Povertà e ricchezza. Quartieri gioiello e zone disagiate. Come Filumena Marturano pianse per la gioia, così è Napoli: lacrime e sorrisi. Rabbia e bontà. Chi ci vive la ama e la odia. La ama per la stazione d’arte più bella d’Europa, la odia perché la metro passa in ritardo. La ama per i grandi tesori e luoghi dell’arte che contiene, la odia perché non tutti sono sempre accessibili. E così via... Napoli nasce da un amore senza confini. In essa vi è quell’amore che artisti, scrittori, filosofi, viaggiatori di ogni dove hanno colto e tramandato. Cavour e Garibaldi vollero possederla fregandosene che l’amore e le cose belle vanno rispettate nel loro contesto. Il Regno di Napoli finì. Palazzo Fuga (l’ex Albergo dei Poveri) chiuse i battenti. I castelli furono abbandonati al loro destino per tanti anni. Castel dell’Ovo volevano addirittura abbatterlo negli anni ’70. E oggi, sotto il suo tufo color oro, gli scugnizzi si tuffano a poca distanza dal porto con i giganti del mare che la inquinano ma tra le energie propagate dalla morte di Partenope. Paradossi dell’amore. L’Amore È un paradosso. La testa di Partenope, detta 'a capa 'e Napule, rimase indenne, fu ritrovata ed oggi è esposta su un ballatoio dello scalone di Palazzo San Giacomo. Il simbolo per antonomasia di Napoli. Che ci ricordi una storia ricca di suggestioni e di un amore infranto. Che l’amore prevalga sull’odio. Salviamo Partenope. © Marco Maraviglia L’ultima inesistenza dell’Impossible Naples Project si rivela involontariamente un’immagine dai contenuti mistici. Avevo da poco ultimato la versione beta della mia ultima inesistenza di Impossible Naples. Le edizioni beta sono le prime versioni delle immagini che produco ma soggette a modifiche in base ai suggerimenti degli addetti ai lavori o perché io stesso mi accorgo che non sono a punto. In realtà credo che nessuna opera possa essere definitiva. Anche il suo trasloco attraverso il passaggio dall’artista alla galleria e poi in casa del collezionista è una trasformazione. Un viaggio dell’opera che viene ricollocata, ricontestualizzata… Come nasce l'idea Non sapevo ancora quale titolo dargli pur sapendo che l’avevo realizzata ispirandomi alla (ri)nascita. Tutti possono (ri)vedere un'alba. Tutti possono (ri)salire il fondo. Tutti possono (ri)trovare qualcuno che li ama. Nel frattempo mi ero accorto che certi dettagli non quadravano. Era la prima volta che mi accingevo nel ricreare un contesto sottomarino. Da ragazzo mi immergevo in apnea al massimo a tre-quattro metri di profondità per vedere le stelle marine sotto i sassi del fondo dei mari di Sorrento, i coralli, le murene nelle loro tane, nuotare intorno alle meduse per osservare i loro eleganti movimenti, ma non mi ero mai applicato nell’osservare il design dei movimenti dell’acqua, i suoi riverberi, la sua luce. Dalla versione beta a quella definitiva Allora mi rivolsi a Guido Villani, ricercatore del CNR e fotografo subacqueo pluripremiato a livello internazionale, per avere suggerimenti affinché quella foto fosse migliorata. I miei dubbi erano sul pelo dell’acqua. La linea di separazione tra l’aria e il mare. Ma Guido, da anni osservatore del mare, mi fece anche notare che l’effetto di rifrazione andava rinforzato immediatamente sotto la superficie dell’acqua e che in maggiore profondità la luce doveva essere più tenue. Descrizione dell'immagine L’immagine si apre con un’alba sul Vesuvio ripresa dal mare e poi sotto, nella parte immersa, una vista delle Catacombe di San Gennaro con la colonna della chiesa di San Paolo Maggiore a sinistra e una colonna del Campanile della chiesa della Pietrasanta a destra. E poi la ruota degli esposti della chiesa di San Gregorio Armeno, meno nota di quella dell’Annunziata, inserita in una delle nicchie. Non è un’immagine religiosa. Gli elementi sono solo un pretesto per realizzare il concept dell’immagine: (ri)nascita. Per chi non conosce la storia del cognome Esposito Le ruote dei conventi servivano al passaggio degli alimenti, posta e quant’altro per le suore di clausura che non potevano avere contatti con l’esterno. Ma erano tristemente utilizzate per lasciarci neonati di donne che dovevano nascondere la vergogna di una violenza subita o perché non potevano permettersi di farli crescere dignitosamente. Bambini orfani ai quali era data una possibilità. Entravano in orfanatrofi ed “esposti” a coppie più facoltose che avrebbero potuto dar loro affetto, istruzione, salute e una vita migliore. Esposti e da qui il nome Esposito. Una rinascita, in effetti.
Caras, facce! Ma torniamo alla messa a punto dell’immagine… Accolti con grande interesse i suggerimenti tecnici di Guido Villani, mentre stavo rimanipolando l’immagine, mi accorsi che al centro c’era come un volto che m’impressionò non poco. Sembrava il profilo di un Santo, chino, nell’archetto proprio sopra alla ruota. Postai una parte della foto su Facebook chiedendo di verificare se anche altri notavano quell’insolita presenza. Strabiliante!!! Il risultato fu che mi fecero notare la presenza di altri volti che non avevo ancora visto. Ragione e mistero Ora, sia pur vero che mi ritengo una persona influenzata dalla cultura dell’immagnifico, del fantastico, dell’impossibile in quanto cresciuto con libri di Jules Verne, coi fumetti di Batman e Paperinik e poi diventato fan delle opere di M. C. Escher e del surrealismo, mi ritengo molto razionale, lucido (non ho mai assunto droghe) e non credo a miracoli e leggende se non direttamente vissute. Credo al potere sensoriale dei gatti che va oltre la nostra sfera scientifica perché ho riscontri personali. Credo alle energie che possono far piegare ad angolo retto chiavi di ferro semplicemente tenendole in mano. Perché l’ho visto. Ma fondamentalmente cerco sempre di vedere le cose razionalmente. Fatto sta che è la prima volta che mi capita di vedere, durante la manipolazione di un’immagine, un fatto del genere. Non sono ferrato sulla storia di San Gennaro. Non credo molto allo scioglimento del sangue. Però credo che non sia un caso che proprio utilizzando per questa composizione una foto delle Catacombe di San Gennaro, siano comparse in modo anomalo queste facce. Le leggende intorno a San Gennaro, patrono di Napoli, mi sembra che non siano poche. Trattasi in questo caso di banale pareidolia? Lascio agli studiosi del mistico eventuali supposizioni. Il concept L’immagine è stata realizzata sul concept della rinascita. È, sì, dedicata agli Esposito ma anche a tutti quei bambini che vivono in situazioni disagiate e che trovano persone o associazioni che si occupano di loro sollecitandoli a stimolare interessi da sviluppare per affrontare la vita nel migliore dei modi. È dedicata a tutti quelli che hanno attraversato o stanno attraversando grossi problemi di salute e a quegli imprenditori che non vedono la luce fuori del tunnel meditando la chiusura della propria azienda. A chi un lavoro non ce l’ha e deve trovare la forza di cercarlo o inventarselo. Perché dal fondo si può sempre rinascere. Intanto il titolo l’ho trovato: caras, facce in spagnolo. Perché il tutto avvenne nel ‘600. © Marco Maraviglia Sotto la galleria con lo schema dei volti individuati e relativi dettagli. Si ringraziano Vincenza Rotondo, Renata D'Eliseo, Maddalena Venuso, Gabriella Rinaldi, Antonella Pane, Maria Grazia Cutillo e Valeria De Marchi per i contributi sull'analisi dell'immagine. "Tempo scaduto" è il titolo dell'ultima opera di Impossible Naples di Marco Maraviglia che qui ne racconta la simbologia. Un j'accuse all'andazzo della gestione generale della vita collettiva. E lui non si esclude. Attenzione!!! Questo è un post politico. Dissenso in atto. Ivi sono descritti fatti e persone che esistono nella realtà ma di cui non sono citati nomi e cognomi per codarderia dell’autore. Ma potrete comunque riconoscerli. Perché sono intorno a noi. Siamo tutti coinvolti e responsabili in quanto rapiti dal senso di omertà e assuefazione alla tolleranza. Il tempo è scaduto e io accuso! C’è una poltrona di potere occupata da una persona rigida quanto una statua. Nulla può fare perché congelata dalla burocrazia. È come se non ci fosse. Invisibile e, infatti, non c’è nemmeno la sua ombra. Seduta di sbieco. Pronta ad alzarsi e lasciare il posto ad altro incapace per conquistarne forse un altro più prestigioso. Per continuare a costruire il nulla. Dirigenti che non dirigono. Non solo per burocrazia ma perché fuori luogo ed incapaci a svolgere lo svolgimento. Quella poltrona non è una soltanto ma cento, cinquecento, oltre mille e non creano intralcio alle lancette dell’orologio mollo perché esse non girano, ferme da anni e chissà quanti giri avrebbero dovuto compiere per rivoltare un mondo sottosopra. Ma il tempo è scaduto. E i punti di vista sono troppi per decidere. Troppi a parlare. Troppi a proporre. Troppi a troppiare. E il troppo, banalmente si sa, stroppia. Troppo tempo è andato e gli orologi si son fermati perché ribelli all’assenza del susseguirsi dinamico, sequenziale ed armonico delle cose. L’assenza delle sequenze, la mancanza di step o il non rispetto della loro cronologia sfonda, distrugge ogni progetto. E nel frattempo abbiamo il cielo sotto i nostri piedi e l’immensità del mare che potrebbe travolgerci dall’alto. Come un tetto che si abbassa in quella casa dell’horror nell’ultimo luna park della vita facendoci rischiare di affogare in assenza di gravità. Perché anche il centro di gravità è andato perduto. Non è più permanente e qualcuno lo sta cercando. Chi? Ovvio, la parte folle ma sana di un mondo invisibile. Si alternano le storie. Le città si raccontano attraverso le proprie architetture. Fasciste, borboniche, angioine, metafisiche, futuriste, minimaliste, prefabbricate, morte sul nascere,… chi mette “le mani sulla città” ne definisce il carattere, i tratti somatici con le sue rughe e cicatrici più o meno lievi. Cattedrali nel deserto, ponti inimmaginabili, varianti, derivate finanziarie, corruzione, evasione fiscale che basterebbe nulla per combatterla, sacche urbane elettorali, zone franche per coltivare illegalità… Riconosciamoli. Riconosciamo le teste quadrate anzi, a cubo. Libere da condizionamenti se non quelli che servono a migliorare il bene collettivo. Cubumani capaci di ricongiungere il mare e il cielo, di ritrovare le giuste prospettive umane. L’esercito di intermediari, concimatori di benessere, estirpatori del cancro sociale della politicanza, della politica mal fatta. Riconosciamoli e incoraggiamoli. Tutto in una polaroid. Quella che scatti e tiri fuori aspettando il tempo necessario che il tutto si ricostruisca secondo l’attimo che hai visto. Vorremmo un’altra polaroid, un’immagine delle polis senza più ricchezze concentrate, senza carceri perché nessuno avrà più bisogno di delinquere, senza buche, senza ritardi dei trasporti, senza schieramenti politici, senza confini, senza distinguere colori, religioni e razze pur riconoscendone le radici culturali… Una polaroid col mare e il cielo al loro posto. Tempo scaduto. © Marco Maraviglia A Natale stupirete i vostri amici e parenti regalando immagini impossibili di Napoli. Originali, esclusive, edizioni limitate a partire da 15,00 euro. Si possono acquistare solo direttamente dall'artista. Sono immagini che rappresentano Napoli in maniera surreale, metafisica, visionaria come non avrete mai visto: sono le "inesistenze" di Marco Maraviglia!! Tutte firmate in originale. Ecco le proposte... Omaggio a Magritte edizione 3D (offerta valida fino al 20/12/2017) Ultima creazione dell'autore è "Omaggio a Magritte" di cui ne è stata realizzata anche la versione in 3D da vedere con gli occhialini anaglifi. Disponibile (*) nei seguenti formati:
(*) comprensiva di occhialini anaglifi cyano e rosso. Pedamentita a pezzi Pedamentita, una delle opere più complesse realizzate da Marco Maraviglia, divisa in nove parti ordinabili singolarmente.
Stereoscopio Non esiste nulla di simile a Napoli!!! Realizzato in occasione della mostra Impossible Naples Project al PAN di Napoli. All'interno dell'originalissimo gadget è possibile osservare "Bolle" una delle immagini dell'autore in stereoscopia e quindi con effetto 3D. Unica tiratura di 70pz. Ancora disponibili.
Metamorfosi Reloaded, il panorama di Napoli più lungo del mondo È l'ammiraglia delle opere della scuderia Impossible Naples realizzata nell'arco di dieci anni grazie anche ai suggerimenti di oltre quaranta artisti, grafici, fotografi. Chi la possiede già sta avendo un notevole successo di immagine coi clienti o gli amici. Per un collezionismo accessibile e democratico. Stampa fineart su carta Hahnemühle.
Omaggio a Magritte, Accesso Libero, Pedamentita e Underground Sono le ultime quattro "inesistenze" realizzate dall'autore nel 2017 e disponibili in edizioni "beta" (prova d'artista) in tirature di 3 copie firmate, numerate e certificato di autenticità. Stampa su carta fotografica Fuji satinata effetto tela, con processo chimico (vera fotografia).
Opere su tela Se si è invece interessati a opere più consistenti e di maggior valore, è possibile consultare l'intera collection. Per ulteriori info scrivere direttamente a marco|at|photopolisnapoli.org Vedi anche: Chi è l'artista Rassegna stampa Le inesistenze di Impossible Naples sono ecologiche. Nessuna foto è stata scattata appositamente per realizzare uno dei miei lavori surreali. Nessun byte in più è stato prodotto perché le parti che compongono ogni inesistenza sono porzioni tratte da immagini del mio archivio realizzate precedentemente per l’editoria turistica. È, in fondo, fotografia ambientalista. Riciclaggio di immagini a volte anche pubblicate nella loro “normalità” sulle principali riviste specializzate di viaggio e turismo nazionali e straniere. Ma il più delle volte inedite e quindi decontestualizzate, rimescolate, per ottenerne di nuove. Ricreando luoghi impossibili di Napoli: inesistenze. L’archivio fotografico Perché non si butta niente. È il lavoro di ogni fotografo che realizza immagini e servizi fotografici che propone poi all’editoria che acquista i diritti d’uso; ma la percentuale di utilizzo di immagini è sempre più bassa rispetto alla quantità di scatti realizzati. Bisogna conservare tutto. Perché c’è chi la vuole cotta e chi cruda: se oggi ti chiedono una vista di Napoli al crepuscolo, dopo un paio di anni qualcun altro potrebbe chiederti una foto analoga ma diurna; e non c’è il tempo di andarla a fare o può capitare che proprio quel giorno che potresti scattarla, la luce è piatta e quindi senza sole non rifletterebbe adeguatamente l’atmosfera richiesta. L’importante è lo storage, l’archiviazione fatta in maniera precisa e sicura per poter rivedere e trovare al momento giusto lo scatto che ti serve. Perché a volte deve arrivare entro dieci minuti sul desktop di una redazione all’altro capo del mondo. Pregi e difetti delle nuove tecnologie… Conservare i file in RAW? E le foto in formato RAW le conservo, anche se le ho già lavorate e trasformate in jpeg. Perché magari succede che tra qualche anno il Camera Raw avrà qualche opzione in più per migliorare qualche difetto dello scatto di partenza e allora potrò migliorare gli l’editing. Magari quelli della Adobe si inventeranno il modo di ridurre il peso dei RAW, non so, senza perdere dati come accade per il jpeg e allora potrei alleggerire un po’ gli Hard Disk riducendo i RAW in “mini-RAW” o come li chiameranno all’epoca. Ormai c’è da aspettarsi tutto nell’immediato futuro. Byte-inquinamento I media ufficiali ne parlano spesso? Mica tanto… Tabù. Perché è qualcosa collegato alle multinazionali che producono computer, software, telefonia cellulare, supporti di storage come hard-disk, pen-drive, DVD… Tutto deve rientrare nella dinamica dell’obsolescenza programmata che sta facendo il pieno grazie alle nuove tecnologie “non riparabili, tanto nuovo costa quasi lo stesso”. Avete il cellulare con “memoria piena” e non potete più aggiornare le app? Dovete comprarne uno nuovo. Avete acquistato una super reflex che produce file fotografici da 80Mb? Bene, dovrete acquistare qualche altro terabyte di hard disk per conservare le vostre foto. E i dischetti di 7-8 anni fa con le foto caricate sopra, sono ancora leggibili? No? E infatti state già facendo non uno ma tre backup dei successivi lavori fotografici. Magari utilizzando tre dischetti di marche differenti acquistati in tre punti vendita diversi. Per diminuire la possibilità di perdere dati tra qualche anno. O qualche mese. Non era più sicuro lavorare in analogico? Senza poi parlare delle autostrade telematiche: dai modem a 56kb all’ISDN, all’adsl e poi ancora la fibra ottica, il satellitare… Quanto bisogno c’è di trasferire file pesanti? Quanti sanno che una foto è stampabile in 10x15 come una cara vecchia fotografia anche se pesa solo 1MB? Pochi scatti Come se avessi un rullo da 36p (pellicola da 36 pose, 36 fotogrammi), scatto con parsimonia così ci metto meno tempo a cestinare. Ormai uso la reflex solo quando ho un incarico o quando vado in un luogo che non ho mai visto. O per rinnovare alcuni soggetti dell’archivio: alla corolla della cassa armonica in villa comunale hanno cambiato i colori? Conviene rifare le foto per aggiornare l’archivio. Per tutto il resto c’è il fotofonino, lo smartphone per fare le fotine. Poche, possibilmente. Foto-ricordo che comunque posso stampare per i miei album. Le eco-inesistenze Possono esserci vari modi per riciclare le foto e uno di questi è quello di estrapolare elementi da varie foto per ricomporli decontestualizzando i luoghi originali ricreandone di altri verosimili, surreali, metafisici che io definisco, nel caso delle immagini di Impossible Naples, inesistenze. Ovviamente il progetto non nasce con intento “ecologico” ma ha un’altra storia; il fatto è che proprio stamattina pensavo che hanno questo valore aggiunto: quello che sono generate sfruttando foto già esistenti senza produrne di altre che probabilmente non sarebbero mai pubblicate sulle normali riviste di viaggi o guide turistiche. Un'opera a 25,00 euro? Si può se "Impossible Naples" in un Black Friday... Il Black Friday non è una di quelle “cose occidentali” che piacciono a tutti ma è anche un’occasione per creare un momento di collezionismo accessibile per gli amanti delle inesistenze realizzate da Marco Maraviglia per Impossible Naples Project. Ed ecco l'occasione unica: con soli 25,00 euro si può entrare in possesso dell’ultima inesistenza da poco ultimata: Omaggio a Magritte. Un’immagine onirica, metafisica in cui il Castel dell’Ovo e il Maschio Angioino (Castel Nuovo) sono un’unica meteora che come un vascello navigante nel cielo, sorvola il mare dopo una tempesta ormai allontanatasi all’orizzonte. Verranno stampate solo le copie ordinate entro le ore 23,59 del venerdì 24 novembre 2017 e sarà quindi un’edizione più unica che rara perché per le edizioni successive saranno riservati formati di stampa superiori a prezzi non più da "Black Friday". Resta poco tempo... venerdì 24 si avvicina!!! Prenota subito il tuo "Omaggio a Magritte" via mail scrivendo a marco|at|photopolisnapoli.org con oggetto "Black Friday" specificando nome, cognome e recapito telefonico. Caratteristiche edizione Black Friday Titolo > Omaggio a Magritte Formato > 18x13cm Tiratura > “Black Friday/numerazione progressiva” Stampa > con processo chimico tradizionale su carta satinata “millepunti” (effetto tela) Firma > sì Certificato > no Prezzo > 25,00 euro Un’opera che è un piccolo omaggio alla libertà sotto i suoi svariati aspetti. Terza ed ultima inesistenza del 2017 realizzata da Marco Maraviglia per il suo Impossible Naples Project. Le porte dell’ex OPG di Napoli che si aprono, si librano nell’aria, senza muri intorno, sfuggenti sulla fortezza di Castel dell’Ovo e oltre una scala austera, autoritaria. Sopra la libertà. Sotto la fatica. Una solita metafora: la strada faticosa porta ad assaporare con più attenzione il risultato dei propri sforzi. Come salire faticosamente una vetta che poi ci farà sentire liberi grazie allo sguardo sconfinato che ci apparirà innanzi; sentendoci quasi padroni del mondo. I confini sono invenzione umana. Una volta gli uomini si spostavano da un territorio all’altro alla ricerca di cibo. Non avevano ancora imparato le tecniche agricole, non coltivavano, non allevavano bestiame. Consumavano e basta. Era una forma di parassitismo che avrebbe portato effetti devastanti sul pianeta se fossimo arrivati a megamiliardi di abitanti incapaci di produrre ricchezza commestibile. Poi qualcuno imparò a riprodurre cibo oltre che mangiarlo. Nascevano nuove formule del lavoro e con esse, giustamente o meno, la proprietà privata su ciò che si costruiva, ciò che si realizzava. E per evitare i furti si recintava la fattoria, le galline nei pollai, le cantine con botti di vino si chiudevano con catenacci… Chi produceva di più poteva dare ad altri. Dapprima fu il baratto, poi l’oro, poi la moneta. Erano elementi di scambio per ottenere uova, carne, frutta, verdure… Poi arrivò la sharing-economy. Le comuni. I kibbutz. Comunità in cui tutti cooperano per far vivere il villaggio. Senza circolazione di moneta. La condivisione di spazio-lavoro-prodotto-tempo si sviluppava. Io ho questo, io faccio questo, è tuo poi troverai il modo per ricambiare il favore. Se potrai. Forse è questa la giusta dimensione umana? Lavorare per produrre disinteressatamente anche per la collettività che contribuisce alla tua sussistenza? Possiamo fare a meno del denaro? Possiamo fare a meno dei confini? Confini… Geografici e mentali. Civiltà e culture possono convivere vivendo di condivisione? Esistono limiti per una convivenza pacifica? Le diversità culturali e loro contaminazioni, creano o non creano evoluzione? È vero o non è vero che i nobili che si accoppiavano tra parenti erano soggetti a malformazioni e gravi malattie? Qualcuno, da qualche parte, trascrisse dieci semplici leggi. Qualcuno si è appropriato della paternità di quelle regole. Dieci “comandamenti” che potrebbero essere la risoluzione definitiva della convivenza umana in barba a codici civili e penali zeppi di migliaia di leggi, articoli e commi e facendo a meno di avvocati e magistrati, tribunali e cancellerie. Dieci regole di buon senso. Pensaci: gran parte del malessere dell’umanità è generato dall’inosservanza di quelle dieci semplici regolette. E credimi, non sono un cattolico praticante. E invece vengono infrante. Ma perché è il divieto che genera trasgressione? Perché è vietata la mela? Per essere mangiata da Adamo. Creare il peccato per creare la punizione? E a che pro? Ma se tutto fosse consentito le punizioni non sarebbero create ma semplicemente esistenti. Accesso libero. Puoi entrare. Ma cerca di capire prima se devi toglierti le scarpe o se non puoi stare in bermuda. Accesso libero. Nessuna password perché un mondo sano non ha bisogno di segreti e bugie. Accesso libero. Puoi attingere ma se abusi qualcuno come minimo ti rimprovererà. Accesso libero. La mente non ha follìa ma semplicemente diversa. Accesso libero. Perché la terra non ci appartiene. Il mondo non è nostro. Anzi, è di tutti. Accesso libero. Perché spazi inutilizzati devono rigenerarsi. Perché la condivisione della conoscenza favorisce il benessere collettivo. Accesso libero alle informazioni è trasparenza e lealtà. Accesso libero è accoglienza e solidarietà. Portoni e cancelli si scioglieranno, i confini spariranno. In fondo, lo spazio è in continua espansione. |
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October 2020
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